EMERGENZA TSUNAMI: IL VIAGGIO IN DIRETTA

 

Emergenza Tsunami
IL VIAGGIO

 

Giorno per giorno di un'esperienza indimenticabile.



Al termine di ogni giornata anche la registrazione della diretta su Radio Lattemiele...

11 Gennaio 2005
Cominciamo oggi un piccolo diario, che aggiorneremo il piu' frequentemente possibile, della nostra permanenza in Sri Lanka. Siamo in quattro, Davide, Federico, Giampiero, e Luigi, in rigoroso ordine alfabetico...
Siamo arrivati ieri ieri mattina (notte fonda per l'italia, 5 ore di fuso) e siamo basati ad una ventina di kilometri a nord di Colombo. Qui lo tsunami ha fatto danni, ma non al livello della ben piu' martoriata parte est e sud-est dell'isola. Danni alle case piu' deboli su mare e moltissime barche di pescatori distrutte. Da ogni barca mediamente dipende la sopravvivenza di quattro famiglie. In totale sembra che nel paese siano andate completamente distrutte piu' di 42.000 barche...
La paura e' sicuramente la traccia piu' visibile del disastro. Qui. E' stato subito evidente quanto la popolazione si sia data da fare, senza aspettare passivamente aiuti che tarderanno comunque...
Due parole sulla gente: e' la mia prima volta in un paese asiatico, e la dolcezza e la disponibilita' di molte delle persone incontrate, mi hanno per un momento illuso che la tragedia non fosse che un terribile incubo collettivo, da cui ci si stava svegliando....
Non e' cosi' purtroppo, ma di sicuro posso dire che ognuno qui ha deciso che la vita continua, deve continuare! Abbiamo incontrato per prime le persone collegate al progetto Araliya, che stiamo sostenendo insieme all'organizzazione "Cose dell'altro mondo" ed e' stato commovente vedere gli occhi lucidi delle donne che ancora stavano lavorando, a cui Davide, responsabile del progetto stava dicendo che il "sogno" continua, che siamo qui per provarlo, con l'aiuto di tutti coloro che dall'Italia ci stanno dando una mano... Continueremo. Fortunatamente i danni non sono stati ingenti. Domani partiamo per il sud del paese, dove purtroppo la realta' e' ben peggiore, per quello che abbiamo (e avete) visto sui media di tutto il mondo....
Aspettiamo di essere sul posto per dettagli approfonditi sulla situazione. Gli incontri che abbiamo con strutture che sono presenti sul posto, o che lo sono state fin dai primi momenti per i primi interventi di reale emergenza, migliaia di famiglie sfollate, senza acqua, ne' cibo ci dicono che il grosso degli aiuti e' concentrato nella parte sud ovest dell'isola, zona turistica e ad alta densita' di popolazione, mentre la parte est, sud-est, dove contiamo di essere dopo domani e' ancora totalmente lasciata a se stessa...
Un dato per poter valutare l'entita' del disastro ci e' stato riportato dal responsabile di una associazione locale che e' stato tra i primi ad intervenire nella zona sud:
Le parti dell'isola che vengono piu' spesso fatte vedere in televisione hanno avuto una penetrazione media dell'acqua di circa 2 kilometri. Altre zone, ancora difficilmente raggiungibili e fortunatamente poco abitate sono state invase dall'ondata per piu' di 8 kilometri. Sulla costa est e' stata notata da ispezioni aeree la sparizione completa di molte piccole isole.  Chiudo qui.
Saremo in diretta su Radio LatteMiele, e spero di poter aggiornare al piu' presto anche questa pagina. Continuate a seguirci e ad aiutarci a fare al meglio quello che siamo facendo.
A domani.

Diretta su Radio LatteMiele 11 Gennaio

 12 Gennaio 2005
Partenza da Negombo al mattino molto presto, per il sud. Ci dicono che la strada non e' solo lunga, ma lenta e intasata, e nessuno e' in grado di dirci il tempo che impiegheremo per arrivare nell'area piu' colpita...
Attraversiamo lentamente Colombo, la capitale, traffico e smog, e appena la strada si avvicina al mare ritorna l'incubo, questa volta maledettamente reale. E' intorno a noi, con il gracchiare dei corvi, cosi' comune nei paesi tropicali, come sottofondo musicale a un immagine senza colori, di rovine e di morte, grigia e nebbiosa per il fumo dei falo' accesi per bruciare tutto il possibile di quello che l'onda assassina ha lasciato sulla spiaggia. E tutto quello che rimane di centinaia di case e piccoli negozi, che per chilometri separavano la strada e la ferrovia da una lunghissima spiaggia. Piccole tracce di vita, libri, quaderni di bambini, lembi di vestiti. E' il nostro primo impatto con la grande distruzione, con gli sguardi sofferenti e dignitosi dei superstiti, alcuni che ancora vagano tra le rovine... "la mia casa e' questa" . Ora e' soltanto un pezzo di pavimento. Continuiamo il viaggio, siamo ammutoliti, increduli davanti alla potenza dell'onda, alla quale nessuna delle immagini che avevamo visto in televisione ci aveva preparati.  E sapevamo di andare in aree colpite ben piu' pesantemente. Sarebbe stata una giornata pesante...
Eppure ogni tanto, quasi disegnate a ricordare come era la zona, aree un po' piu' lontane dal mare, angolate in modo diverso o semplicemente miracolate dalla rottura dell'onda erano perfettamente intatte con i colori e la vita normale di questo paese. Come bambini stupiti, "ooohhhhh!!" ad ogni curva... La ferrovia costeggia la strada, spesso la incrocia. Ora le rovine continuano ben oltre la strada, addentrandosi per centinaia di metri all'interno. Un piccolo pellegrinaggio, cosi' almeno sembrava, attira la nostra attenzione: in lontananza i vagoni di un treno, quel treno che migliaia di volte e' passato sui teleschermi di tutto il mondo, il treno della morte, il simbolo piu' atroce del disastro. 1200 vittime, poi 1500, 1800, piu' di 2500 oggi.
Non solo i passeggeri, ma tutti quelli che hanno cercato riparo dietro i vagoni dopo la prima ondata e che la seconda ondata, di una potenza inaudita ha schiacciato ribaltando i vagoni, seppellendo tutti in una gigantesca tomba di fango. Altri due vagoni sono stati ritrovati a 700 metri di distanza.

Decine di persone camminavano lungo lo sterrato a fianco del treno, ci siamo uniti a loro, grani di una gigantesca corona di rosario in una silenziosa preghiera.

Segni di vita strappata, un trenino colorato sul sedile, una borsetta, un libro di scuola, un pettine...
Non riuscivamo piu' a parlare, nemmeno tra noi. E' stato difficile poi anche parlare con la gente, andare in un campo di accoglienza (convenzionalmente e orribilmente chiamati campi profughi) e parlare con i responsabili per avere informazioni sulla situazione oggi; cibo e acqua per tutti, pochi dottori ma diversi di studenti in medicina, di varie nazionalita', volontari. La situazione sembra sotto controllo.
Una fila di bambini in coda a ricevere caramelle, sorridenti, ci da' lo stimolo a proseguire il viaggio. Una piccola sosta, mangiare e bere qualcosa. Adesso ci rendiamo conto anche del caldo, un minimo rilassamento e ci ritroviamo stremati. E' l'ora del collegamento in diretta con la radio, avviso la giornalista che non sono in condizioni di rispondere a domande, vengo lasciato parlare, parlo a raffica, cerco di fare un po' di ordine e tradurre in parole le immagini che continuano a passarmi davanti agli occhi, e' difficile, sono troppe, credo solo di aver fatto capire la mia emozione, la mia confusione... Quello che ho visto e' inimmaginabile. E indescrivibile.
Nessuna foto, nessun filmato e nessuna conta dei morti, per quanto alto siano il numero, potranno mai dare il senso della tragedia accaduta.

Incontriamo uno del collaboratori del Progetto Araliya, scampato miracolosamente al disastro (era in spiaggia con i suoi due bambini). Tutti i laboratori dove lavoravano le donne sono andati distrutti, dei macchinari per la lavorazione della fibra di cocco non c'e' piu' traccia. Molte di queste donne, non tutte purtroppo, sono ora in un campo, hanno perso tutto. Parliamo di ricominciare il lavoro al piu' presto, non appena arriveranno i nuovi macchinari, gia' ordinati. E' stata data l'autorizzazione a portare le macchine al campo e lavorare lì.
E' l'unica cosa che ci chiedono, riprendere la vita, il lavoro, in attesa di poter ripartire con la ricostruzione. In tutta la zona attualmente non c'e' il permesso di costruire o ristrutturare nulla, si attendono ancora le grosse macchine di movimento terra per rimuovere le tonnellate di macerie che spesso impediscono addirittura di camminare. Questo dover attendere e' frustrante, anche chi e' rimasto con nulla vuole uscire dal campo, vuole risentirsi vivo, non solo scampato. E' frustrante anche per noi, che piu' che intervenire con piccoli aiuti post- emergenza di supporto di queste persone non possiamo fare.
La ricostruzione sara' ordinata, sara' stabilita una minima distanza dal mare, la qualita' delle costruzioni dovra' essere migliore. E ci vorra' del tempo.

Nel tardo pomeriggio riprendiamo la strada per Galle, la citta' assunta a simbolo della tragedia. Negli occhi abbiamo le riprese di quegli autobus galleggianti, di quelle persone aggrappate alla pensilina che ad una ad una vengono strappate via dall'acqua nella sfrenata corsa verso l'interno. Ci attendevamo una citta' rasa al suolo, ma non e' cosi', i danni sembrano di molto inferiori a quello che avevamo appena visto qualche kilometro piu' a nord, e che vedremo dopo. La citta' e' ora la base delle operazioni logistiche e di comunicazione, giornalisti e reporter di ogni nazionalita' alloggiati in quello che non so se sia l'unico albergo dell'area, di certo il piu' lussuoso.
Un israeliano, accorso qui due giorni dopo la tragedia per aiutare degli amici del posto ci aveva, sarcasticamente credo, suggerito di visitarlo.

Appena fuori dalla citta', la devastazione torna ad essere spropositata, anche qui alcune parti sono pero' intatte, miracolate da chissa' quale potente volonta'.

Proseguiamo alla ricerca di un albergo o di una guest-house per fermarci, nulla, svanisce man mano anche la possibilita' di trovare un centro per comunicare, anche solo un internet-cafe'.
Anche i cellulari non funzionano, non tutti e non sempre.

Dobbiamo arrivare fino a Tangalla, viaggiando di notte su strade pericolose anche di giorno, qui guidano come dei matti!!
Da qui sto scrivendo.

Diretta su Radio LatteMiele 12 Gennaio

13 Gennaio 2005
Il panorama dall'hotel sul promontorio e' stupendo, una baia, il mare da ambo i lati. Sporgendoci dalla nostra terrazza notiamo che il terrazzo del piano sotto di noi non c'e' piu', che due piccoli pescherecci si appoggiano uno all'altro dritti sulla scogliera sotto di noi, in lontananza pezzi di barche sembrano schizzi di colore sulla spiaggia, tra le palme sradicate. Se anche per un attimo abbiamo pensato al paradiso tropicale siamo stati subito riportati ai margini di un girone infernale....Il mare riporta ancora oggi, a tre settimane dal disastro, relitti vari, pezzi di vita strappati alle case, alle barche distrutte.

Partiamo seguendo la strada che costeggia il mare, fin dalla prima citta' si intuisce che la distruzione qui ha superato, e non di poco, lo "standard" a cui eravamo abituati (e' orribile dirlo, ma negli occhi non abbiamo altro). Passiamo luoghi e cumuli di macerie che prima erano piccoli villaggi di pescatori , arriviamo a Hambantota. Tra quelle che abbiamo visto fino ad ora questa e' sicuramente l'area piu' colpita.
La parte centrale del paese non esite piu', nemmeno una casa e' rimasta. L'abbattimento dei pezzi di muri ancora miracolosamente in piedi ha contribuito a dare all'area un immagine spettrale, una grande spianata di macerie, poche persone, come fantasmi, sedute sulle pietre dove prima c'era la loro casa, il loro negozietto. Ci dicono che prima, tanto era la densita' delle costruzioni, dalla strada principale non si vedeva nemmeno il mare. E' difficile immaginarlo.

Un gigantesco groviglio di metallo, dal diametro di una decina di metri, ci da' l'idea della forza con cui l'onda ha schiantato questo paese: era un traliccio, alto una quarantina di metri su cui erano piazzate le antenne paraboliche e i ripetitori della tv, delle radio e della telefonia mobile. Inglobati nel groviglio rimangono pezzi di vestiti, di mobili. Duro immaginare cos'altro poteva esserci subito dopo il disastro. Qualcuno, forse una mamma, ha legato una bambola di pezza ad un palo conficcato nel fango. Questa parte del paese era su una striscia di terra larga 500 metri, lunga un paio di kilometri. Da un lato il mare e dall'altra un lago, non so le dimensioni di questo prima del disastro. Carcasse di autobus, camion e macchine hanno terminato la loro folle corsa sulla riva opposta del laghetto, a 1000 metri, forse piu', dal mare. Ovunque tracce della vita che c'era, effetti personali, giocattoli, borsette, una piccola bicicletta. Nessuno ha avuto il coraggio di prenderle, di toccarle. Da alcuni alberi, insolitamente spogli, l'urlo piu' forte della tragedia. Bellissimi Sari (tradizionali vestiti delle donne), di vari colori, penzolano dai rami, a decine, insieme a teli, lenzuola, addirittura materassi e ante di mobili...
Ai margini della "spianata", vicino alla scheletro di una moschea, un centro censimento, ancora al lavoro. Raccogliamo informazioni. Nel paese era giorno di fiera, la piu' grande dell'area, migliaia di persone erano venuti anche da paesi distanti. Da una piccola e meravigliosa insenatura, dove, per un pellegrinaggio al grande tempio buddista, un folto gruppo di persone a bordo di 35 autobus (si, trentacinque autobus) sono state inghiottite dal mare. Di loro non e' stata trovata traccia.

Cerchiamo un centro di accoglienza per i bambini rimasti soli dopo il disastro, fatichiamo a trovarlo, ci arriviamo nel tardo pomeriggio, il campo e' vuoto. E' l'unica bella notizia del giorno. Tutti i bambini che erano stati portati nel campo dalle autorita' e protetti da militari per evitare casi di abuso, erano stati gradualmente, e soprattutto legalmente, affidati ai parenti rimasti. Finiamo la giornata ottenendo il permesso di visitare la grande moschea del paese, nella parte non particolarmente colpita perche' alta sulla collina, dove era stato allestito il presidio sanitario e, purtroppo, in quello che prima era un piccolo cimitero, sono state scavate grandi fosse comuni, piu' di 4500 persone, pochissime riconosciute, uomini, donne, bambini, molti bambini. Non e' l'unica in citta'.

Diretta su Radio LatteMiele 13 Gennaio

14 Gennaio 2005
Don Federico e Davide sono ripartiti per il nord, Don Federico rientrera' in Italia domani, mentre io e Luigi rimaniamo per incontrare i responsabili della Gospel House, Shiran e Modestus, proprietari di una fabbrica di giocattoli educativi in legno per il mercato equo-solidale. Riceviamo una telefonata che ci avverte che tarderanno. Stanno scendendo con un camion di aiuti. Non riusciamo a stare fermi, andiamo a cercare un posto da cui spedire in Italia un paio di "riflessioni" sul nostro viaggio. Ci sentiamo un po' reporter di guerra, sì, ma vogliamo soprattutto trasmettere almeno un po' delle emozioni che stiamo provando, in qualunque momento, qui basta guardarsi intorno.Concordiamo poi un buon prezzo per raggiungere di nuovo il paese con un tipico mezzo di trasporto locale, una specie di ape-piaggio con vari nomi, tuc-tuc, tre-ruote...
Passeggiamo lungo l'area colpita, passiamo ore accogliendo inviti a visitare case private, negozi, rimasti in piedi ma in condizioni tremende. Arriviamo a pensare che si stia meglio in un campo profughi, ma a chi e' rimasta in piedi la casa non spetta. E' atroce, solo oggi qui e' tornata la luce, non c'e' piu' nulla.

 Diretta su Radio LatteMiele 14 Gennaio

15 Gennaio 2005
Shiran e Modestus, due fratelli che fin da subito sono intervenuti per le prime necessita', acqua e cibo, sono impegnati ora in un progetto che condividiamo, la realizzazione di una cooperativa dove gli scampati alla distruzione di un piccolo villaggio di pescatori, 58 famiglie, ora tutti in un orribile "campo" di assistenza (quattro palazzoni a quattro piani che non si capisce cosa ci facciano li'), costruiranno mattoni e corde con fibre di cocco, materiale che sara' utile poi alla ricostruzione, dando a loro anche un salario, in attesa di poter pensare a ricostruire le loro case, a riprendere la pesca quando potranno riavere le barche e le reti. La zona e' (era) un piccolo paradiso tropicale, una spiaggia magnifica, come molti posti dell'isola non ancora invasi dal turismo di massa. Pennacchi di fumo attirano la nostra attenzione, decine di ragazzi stanno pulendo la zona, bruciano grossi mucchi di "immondizia" portata e lasciata dal mare. Vengono anche loro dal campo, hanno deciso di non aspettare oltre, prima di ricostruire bisogna pulire. Sono coordinati da una ragazza italiana, Manuela, residente qui da anni, una scelta di vita, una piccola guest-house e un ristorante, spaghetti e caffe' espresso. Della sua casa e' rimasto in piedi solo il lavandino, neanche la parete alla quale era appoggiato. Il ristorante e' stato protetto da una costruzione imponente di un vicino, funziona ancora. Con l'aiuto di amici di nazionalita' varie garantisce una paga e cibo a tutti coloro che passano chiedono aiuto, ma in cambio di lavoro, pulire e pulire ancora, l'area e' grande, ci vorranno mesi.
Ricevono una paga (di poco inferiore a quella contrattuale) e cibo per pulire, fra le tante, anche la loro casa. Quando arriviamo io e Luigi saltano fuori due piatti in piu' di spaghetti e poi un caffe' vero, il primo da quando siamo qui. Poco piu' in la' una tavolata di piu' di trenta persone, i ragazzi, pausa anche per loro. La preoccupazione di Manuela e' di non poter affrontare economicamente questa situazione a lungo. Siamo d'accordo con lei, e' importante che il lavoro continui. Deve partire per Negombo, proprio dove torneremo noi stasera, per ricomprarsi vestiti, cellulare e il necessario per qualche settimana. Ci rivedremo lì.

Torniamo al campo, e' arrivato anche il camion carico di pacchi con cibo e materiale di pulizia, un gruppo di volontari americani che segue il campo da alcuni giorni sta distribuendo piccoli fornelli a kerosene a tutte le famiglie, arriva un gruppo di volontarie tedesche, infermiere, e la marina che promette barche a tutti... sembra una festa di paese... Dalle ragazze tedesche veniamo aggiornati sulla situazione sanitaria dei campi. Decisamente buona.

Lasciamo il campo con una buffa ma squallida immagine di come sara' la gestione governativa degli aiuti nel prossimo futuro. Un camion ha sul parabrezza una grande immagine che sembrava in lontananza una qualche divinita'... era il faccione grasso e sorridente di non so quale ministro!

Partiamo per il nord, Davide nel frattempo ha gia' organizzato numerosi incontri. Sulla strada, appena dopo Galle troviamo il tempo di incontrare Lorenzo e Lucilla, anche loro qui da tredici anni, fanno parte di una onlus italiana, la A.MO, gestiscono una casa di accoglienza per bambini soli o vittime di abusi e una scuola. Le bambine del centro ci fanno vedere i loro disegni, ricordano macabre scene di un film dell'orrore. Una frase ci rimane impressa quando chiediamo quanti bambini possano essere rimasti orfani: "solo" 112 i bambini senza genitori, molti, molti di piu' i genitori senza bambini...

Ripartiamo, ci richiameranno per segnalarci le priorita' per un aiuto immediato. Arriviamo a Negombo alle 2 del mattino. Davide ci ha aspettati.
Domani e' domenica, dormiremo un po' di piu'.


16 Gennaio 2005
Non abbiamo dormito molto di piu', ma per un giorno abbiamo riavuto davanti gli occhi un immagine diversa di questo paese, quella che era prima della tragedia. Questa area e' stata poco colpita, la spiaggia e' stata ripulita nei pochi giorni che abbiamo passato a sud. Il posto e' molto bello. Due spose sono qui per la festa e le fotografie. Ci sono alcuni turisti, la vita sembra sembra scorrere al rallentatore.
Il turismo e' importante qui, in molti ci chiedono se i turisti ritorneranno.
Non sono piu' aggiornato sulla situazione degli altri paesi ancora piu' colpiti, Indonesia, Thailandia, ma da casa pensavo con orrore a chi potesse pensare di rimanere o di venire in vacanza in queste aree.
Da qui ora e' diverso, per questi pochi turisti sara' sicuramente una vacanza diversa, molto diversa, ma per la gente qui sara' il segno piu' tangibile di ripresa, di ritorno alla normalita', un segnale sicuramente piu' rassicurante di quella pioggia di aiuti che devono ancora arrivare, arriveranno, ma che finiranno appena passata la grande emozione suscitata da questa catastrofe, appena le notizie da prima pagina saranno altre, appena riprendera' il "Grande Fratello" o qualche altra vaccata simile... (scusate il termine, ma da' l'idea). Sono pieno di rabbia per quanto le cose qui siano diverse da quelle che appaiono sui media e che e' difficile far capire, sono pieno di rabbia perche' le cose che ora posso fare sono meno di quelle che vorrei, sono pieno di rabbia perche' fra un mese qui la situazione sara' decisamente piu' critica di adesso. Tra un mese il pescatore che oggi rifiuta ogni aiuto esterno, perche' ha paura di essere poi escluso dall'intervento governativo, realizzera' che forse si e' illuso....
Retorica? Pensatela come volete, le cose stanno cosi'!


17 Gennaio 2005

Levataccia feroce, ho dormito 2 ore, partiamo per la parte ovest dell'isola, ma prima faremo una puntata a nord, nell'area Tamil, devastata non dallo tsunami ma da anni di guerra. La strada e' dura, sembra di essere in un altro paese, e' un altro paese. Siamo nel paese delle famose "Tigri Tamil", cosi' vogliono essere chiamati, un modo per incutere rispetto o paura, non lo so e non mi interessa. Per strada ci arriva anche la notizia che alcuni ragazzi sono stati prelevati dai campi degli sfollati a nord est dell'isola per aumentare le forze Tamil. La versione ufficiale dice che si vuole provvedere a loro, ma non tutti i genitori la pensano cosi'... E' facile confondersi e confondere.
Raggiungiamo una missione che mi ricorda molto quelle di tanti viaggi in Africa.
Terreno, risaie e costruzioni fatiscenti cedute ad alcuni missionari che fin da adesso ora devono gestire e migliorare un centro di educazione al lavoro per piu' di 50 ragazzi, e ne sono attesi altri 30, tutti orfani, molti provenienti anche dalle aree devastate dallo tsunami. Sara' un lavoro immane, non hanno nemmeno i letti, dormono su stuoie circondati da una zanzariera. Il missionario che ci accompagna nella vista e' un personaggio, parla anche italiano in un modo buffissimo, simpatico, un sorriso, spesso una risata che coinvolge tutti al termine di ogni frase. Ci racconta di guerra, di campi minati che ancora oggi impediscono di allontanarsi dalla strada. Qui si attraversano i campi seguendo i tracciati lasciati dalle numerosissime mucche che ormai vivono allo stato brado, abbandonate dai proprietari fuggiti chissa' dove. Gli chiedo chi lo sta aiutando o se conta di ricevere supporto a tempo breve.... la risposta e' un sorriso con il dito puntato al cielo. Abbiamo capito che ce la fara'. Li' vicino una scuola per bambine gestita da alcune suore, la situazione e' la stessa, c'e' molto da fare anche qui, direi tutto. Una simpatica suora, anche lei contagiata da quella strana e meravigliosa malattia che fa sorridere ci dice che e' appena rientrata dall'area in cui noi siamo diretti: ha perso 11 famigliari. Una spaghettata in un "refettorio" fatiscente riempito dalle nostre risate, sembriamo all'osteria, e poi, mentre io e Luigi ci fermiamo alla missione nell'attesa del collegamento in diretta con la radio (i nostri cellulari non funzionano qui) Davide incontra alcune famiglie dell'area, che lo avevano chiamato tramite il missionario, per vedere i loro manufatti, che saranno venduti attraverso il progetto di mercato equo-solidale al quale Davide sta dedicando le sue energie.
Ripartiamo, cerchiamo di avvicinarci il piu' possibile alla costa est, troveremo da dormire per strada.

 Diretta su Radio LatteMiele 17 Gennaio

18 Gennaio 2005
Arriviamo a Trincomalee in tarda mattinata. La strada e' pessima. Qui e' periodo di monsoni, dire che piove e' un eufemismo, tratti di strada sono veri e propri torrenti. Ogni tanto la pioggia si ferma, ci permette di scendere dalla macchina. Per la strada incrociamo mezzi della Croce Rossa, delle Nazioni Unite due chiacchiere veloci con alcuni volontari della Protezione Civile Italiana. Sono qui dal 28 dicembre hanno sicuramente fatto un lavoro angosciante e duro, ma sarebbe stato bello se fossero anche riusciti a non farci sentire delle formichine fastidiose...
L'area a nord della citta' ha ferite profonde, un muro di 5 metri d'acqua, l'impatto e' stato forte. La paura che i molti campi profughi della guerra con i Tamil situati non lontani dalla spiaggia potessero essere spazzati via si e' fortunatamente rivelata infondata, almeno nella zona che abbiamo visto. La brutta stagione e la scarsa densita' di popolazione dell'area ha limitato il numero di vittime. A maggio, sulle lunghissime spiagge di sabbia bianca e finissima della zona, prettamente turistica, ci sarebbero stati migliaia di turisti. Decidiamo di dirigerci verso sud. Cerchiamo di contattare dei ragazzi di una onlus italiana, sono nella zona da un paio di giorni e avevano segnalato situazioni gravi. L'area e' difficilmente raggiungibile, le strade sono pessime. Le citta' di Batticaloa e l'area di Ampara sono, a detta di molti, le aree piu' colpite in assoluto, l'onda li' e' stata diretta, il numero di morti impressionante. Non riusciamo a comunicare con i ragazzi, e il primo ostacolo si rivela fatale: l'attraversamento dei parte della baia su un piccolo ferry-boat, che riesce a trasportare 2 macchine ed una decina di persone comporterebbe ore di attesa. Non conosciamo la situazione delle strade dopo, se sara' possibile trovare da dormire. A malincuore decidiamo di rinunciare. Torniamo indietro. Luigi parte domattina per l'Italia e forse non e' male avere il tempo per un ultima chiacchierata. Pessimo anche il collegamento in diretta con la radio. Era il momento in cui tiravamo le somme di questa settimana, per noi lunga un mese.
Ne parlero' piu' avanti, su questa pagina.
Alle due di notte decidiamo di perdere la battaglia con le zanzare che ci hanno fatto la festa e andiamo a letto.

 Diretta su Radio LatteMiele 18 Gennaio

19 Gennaio 2005
Luigi e' partito per l'aeroporto alle 6.30, ha bussato invano alla mia porta, non l'ho sentito. Buon viaggio amico, avrai ancora un gran da fare...
Sto seguendo una piccola urgente fornitura di materiale scolastico per circa trecento bambini, a Galle e a Tangalle, che sono rimasti senza nulla. Le scuole per fortuna continuano. Ho due giorni "tranquilli", alcuni incontri a Colombo, telefonate varie, computer. Sono anche tentato di fare un giretto su una barca, classica escursione da turista annoiato. L'avessi fatto subito!!!
Telefonata da Galle. E' stato dato il via ufficiale alla ricostruzione e fin da subito saltano fuori i problemi, che mi martellano da vari luoghi al sud. I contatti instaurati durante il nostro viaggio funzionano. Decido di ripartire per il sud, proseguendo direttamente da Colombo domattina, dopo gli incontri gia' programmati. Il pomeriggio se ne va alla ricerca di una vettura e di un autista, devo ottimizzare tutto perche' ho solo un giorno, sabato rientro in Italia. Salta anche, ancora non so perche', il collegamento con la radio. Non so comunque se avrei potuto farlo correndo...
Guardo il mare, placido come olio, la spiaggia, il catamarano. C...o, sono proprio stanco.


20 Gennaio 2005

Ripercorro la stessa strada che due settimane fa, al mio arrivo in Sri Lanka, mi aveva sconvolto, nastro di asfalto in mezzo a macerie per kilometri e kilometri. L'emozione è la stessa, un po' meno violenta forse, ma e' passato il momento in cui vedevo rovine e morte, ora vedo rovine, la morte e' stata rimossa, volutamente rimossa, da tutti. E sono tante, troppe, perche' si possa pensare di ricostruire, non si puo' nemmeno camminare.
La quantita' e la grandezza e il peso ne rendono impossibile la rimozione senza specifici mezzi. In centocinquanta kilometri di strada, da Colombo a Galle, e' stato fatto solo quello che era possibile manualmente, pochissimo, tra le macerie si intravedono cataste ordinate di mattoni e tegole ancora utilizzabili per ricostruire, quando si potra'. Solo 5 ruspe al lavoro, un centinaio di volontari, sembrano boy-scout, coordinati da un qualche ente americano, puliscono gli alberi e cespugli, orridi bazar dove si trova ancora di tutto.
Poco fuori Colombo avevo notato una grande rimessa, piena di macchine per il movimento terra, ruspe, bulldozer, caterpillar, puliti e ordinatamente parcheggiati. Non si sta facendo nulla, o pochissimo, la ricostruzione sarà lentissima. Il traffico intenso e disordinato rende infinito il tempo di percorrere questi 150 kilometri, e se non bastasse un acquazzone tremendo mi costringe a fermarmi, giusto in tempo per il collegamento con la radio. E' un caso, mi fermo proprio dove avevo fatto il primo collegamento in diretta, 10 giorni fa, poco oltre la zona dove il macabro treno e' ancora fermo sulle rotaie, meta ora di un pellegrinaggio ancora piu' intenso. Ci sono anche dei turisti. Sto andando a Galle, mi ha chiamato Lucilla della A.MO.
La tanto attesa pioggia di aiuti tarda ad arrivare, la macchina burocratica e le prime mosse di chi da questa catastrofe trarra' enormi benefici stanno rallentando qualsiasi operazione, in alcuni casi addirittura la fermano.
Voci, incontrollate ed incontrollabili, meglio lasciar perdere e continuare a fare del nostro meglio, nel nostro piccolo. Stabiliamo una lista di priorità, per i bambini dell'area di Galle e di altri villaggi, prendendo in considerazione una segnalazione di un italiano residente in un villaggio dopo Tangalle. Ho appuntamento con lui e con Manuela domani, non avro' il tempo di percorrere la strada fino la', domani devo rientrare a Negombo e partire per l'Italia la mattina dopo. Passiamo la serata davanti ad un caffe' e chiacchieriamo, l'emergenza vera sarà tra un po', tra un mese forse, la paura, comune a tutte le piccole organizzazioni come la nostra, è che passi la forte emozione causata da questa catastrofe e ci si ritrovi sempre piu' soli in un momento dove ci sara' sicuramente ancora piu' bisogno.
La comunicazione, oltre alla collaborazione e allo scambio di informazioni sara' di importanza vitale per continuare il lavoro qui.

 Diretta su Radio LatteMiele 20 Gennaio

21 Gennaio 2005
Sono stato ospitato a casa di Lucilla e Lorenzo. Un caffe' italiano, biscotti e marmellata mi hanno fatto dimenticare per un attimo dove ero, cosa ero venuto a fare. Incontro altri ragazzi italiani, di un altra organizzazione, anche loro qui da due settimane, sono loro che avremmo dovuto incontrare sulla costa est, quando ci e' stato impossibile proseguire. Si fa il quadro della situazione, ci scambiamo notizie e sensazioni. Non siamo messi molto bene, la ricostruzione stenta ad avviarsi, abbiamo tutti le stesse difficoltà. Devo ripartire, ma prima mi devo incontrare in paese con Manuela e Piero, l'architetto che ci ha segnalato degli interventi possibili in alcuni piccoli villaggi ad un centinaio di kilometri a est. L'unico punto di riferimento in citta' e' l'albergo dove prima erano basati i giornalisti e tutti i set "live" delle varie televisioni. Non c'e' piu' nessuno, solo alcuni militari canadesi che pranzano e noi.
Manuela non ha potuto venire ma c'e' la mamma, mi fa il punto sui lavori di sgombero che abbiamo finanziato. Procedono e bene, appena saranno comunicate le nuove regole per la ricostruzione si potrà passare alla seconda fase, la ricostruzione. Piero mi porta un report sulla situazione di quattro piccoli villaggi. C'e' bisogno di materiale scolastico per 248 bambini e un gruppo di donne si e' organizzato per poter lavorare, ha bisogno di telai per la lavorazione dell'onnipresente fibra di cocco. In giornata, appena rientrato a nord ordinero' 64 telai e provvedero' alla spedizione. Per ulteriori e necessari interventi siamo pero' obbligati ad avere le autorizzazioni dei capi dei villaggi. Non sara' una cosa immediata.
Sono le due passate quando posso ripartire per Negombo, altre sei ore di strada, la solita strada, mi angosciano, ma le passo pensando a tutto quello che abbiamo visto da quando siamo arrivati, a quello che abbiamo fatto, a quello che avremmo voluto fare, a quello che ci sara' ancora da fare. Sono qui da due settimane, sono state lunghissime, e lunghissimo sara' il tempo prima di una normalita' almeno superficiale. Passeranno quasi inosservate tutte le cose buone di questo paese, il lavoro di migliaia di volontari, alzeranno poca polvere anche gli immancabili scandali, le truffe, le furbizie della ricostruzione.
Ma per me e' stata una grande esperienza. Tornero'. Ho degli amici qui.

Grazie di cuore a tutti quelli che ci seguivano da queste pagine e che ci hanno aiutati nel compito che ci eravamo prefissati per questo viaggio, grazie a Luigi, a Don Federico e a Davide, grandi compagni in questa magnifica "avventura", grazie a tutte le persone che ho incontrato e che erano qui per le mie stesse ragioni.
Grazie a Rock No War.

Giampiero Cacciolatti

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 Diretta su Radio LatteMiele 21 Gennaio


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