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Giovedì, 23 Giugno 2011 15:25

SIEM REAP il centro per ex Baby prostitute

INAUGURAZIONE A SIEM REAP IL CENTRO PER EX BABY PROSTITUTE
6 NOVEMBRE – CAMBOGIA

Il 6 novembre 2004 una rappresentanza di Rock No War ha partecipato alla inaugurazione a Siem Reap in Cambogia di un centro di recupero per bambine ex prostitute o  che hanno subito abusi sessuali. Il centro è stato costruto grazie alla collaborazione di Rock No War e di ECPAT  una organizzazione che si batte per il recupero di bambini che hanno subito abusi sessuali.

Negli ultimi tempi diversi articoli di giornale sono stati pubblicati anche in Italia su entrambe le organizzazioni: il 18 gennaio è uscito un articolo di diverse pagine sulla attività di AFESIP ed Ecpat Cambogia anche su Venerdì di Repubblica.
Il 22 gennaio su tutti i giornali c’era la notizia (data da Ecpat e Unicef) della prima condanna di un Italiano condannato per un reato compiuto all’estero in materia di turismo sessuale: una condanna grave (12 anni di prigione) per un reato grave. Quella persona aveva abusato e torturato bambine in Thailandia e Messico, filmandosi mentre infieriva sui loro corpi...
www.ecpat.it

Clicca sull'immagine sottostante per leggere l'articolo su FLAIR - Ottobre 2004

Clicca sull'immagine sottostante per leggere l'articolo della GAZZETTA DI MODENA - 6 Maggio 2004


 Negli ultimi tempi diversi articoli di giornale sono stati pubblicati anche in Italia su entrambe le organizzazioni: il 18 gennaio è uscito un articolo di diverse pagine sulla attività di AFESIP ed Ecpat Cambogia anche su Venerdì di Repubblica.
Il 22 gennaio su tutti i giornali c’era la notizia (data da Ecpat e Unicef) della prima condanna di un Italiano condannato per un reato compiuto all’estero in materia di turismo sessuale: una condanna grave (12 anni di prigione) per un reato grave. Quella persona aveva abusato e torturato bambine in Thailandia e Messico, filmandosi mentre infieriva sui loro corpi...

IL TRAFFICO DI BAMBINI

Nell'Indocina in questi anni si è sempre più affermato un nuovo tipo di sfruttamento delle risorse umane: il traffico di bambini al fine di sfruttarli nel mercato della prostituzione, nel mercato della pornografia e in quello, ancora molto da scoprire, degli organi.
Da Bangkok a Ho Chi Min Ville (più nota con il suo vecchio nome: Saigon), senza soluzione di continuità, vi è una forte presenza di capisaldi di coloro che hanno deciso che i bambini sono un buon investimento e che i loro corpi possono essere commerciati proprio come se non appartenessero a persone, ma fossero solo degli oggetti.
Da Bangkok a Saigon quindi (giungendo fino a Manila) sono tantissimi i luoghi dove gli occidentali interessati possono acquistare o affittare bambini anche piccolissimi, divertendosi con loro, e cioè usandoli per una o più notti o giocando con i loro corpi fino ad ucciderli.
Giochi sadici o pseudo erotici, che utilizzano bambini a volte piccolissimi (alti spesso meno di un metro) che dopo pochi mesi si ammalano di malattie i cui nomi in Italia sono stati dimenticati o di malattie sessualmente trasmissibili quali l’AIDS o tutte le possibili forme di Epatiti.
Bambini piccoli o piccolissimi, rapiti alle loro famiglie o da queste ceduti a trafficanti senza scrupoli che fanno credere alle famiglie che porteranno i piccoli a scuola, o a lavorare in industrie…
Un problema da non sottovalutare se si pensa che in tutto il mondo lo sfruttamento dei bambini a fini sessuali muove ogni giorno circa 300 milioni di dollari. Una “industria” che ormai ha scalzato quella della droga essendo diventata più importante. Un giro di miliardi sporchi e poco rischiosi: i bambini raramente sfuggono ai loro aguzzini e ancor meno di sovente parlano di quello che hanno vissuto: un piccolo bambino cambogiano trasportato lontano da casa, spesso in un altro paese, non conosce nulla del luogo in cui si trova (spesso neppure la lingua) e non sa assolutamente quali siano gli adulti di cui si può fidare. Il bambino si trova quindi solo, assolutamente solo, ad affrontare l’avventura più dolorosa della sua vita: l’abbandono, la messa in vendita come un oggetto, la sua più o meno lenta ma inesorabile distruzione
La Cambogia è forse il paese chiave di tutto questo gioco: un paese poverissimo dove il turismo sessuale non è diventata ancora la voce preponderante del bilancio economico del paese (come è invece in altri paesi del Sud Est asiatico) e dove è più alta la percentuale di malati di AIDS: più della metà dei bambini ingaggiati nel turismo sessuale sono sieropositivi e il paese ha superato ogni altro paese dell’ASIA in questo triste primato.

UNA SOLUZIONE E’ POSSIBILE?
Cercare una soluzione a questo problema non è semplice. Le mafie locali ed internazionali non rinunciano facilmente ai grandi margini di guadagno che gli concede lo sfruttamento dei bambini. Eppure ci sono organizzazioni internazionali (come ECPAT, una organizzazione presente in 70 paesi al mondo e la cui sede internazionale è a Bangkok) che si battono per la creazione centri per il recupero e la cura delle giovani vittime, di leggi, scelte politiche che facciano terminare lo sfruttamento dei bambini e la formazione di forze di polizia che tentino di sconfiggere questo turpe mercato.
In alcuni paesi vi sono associazioni locali che, con coraggio, sfidano quotidianamente la malavita per strappare bambini dal traffico e dai bordelli. In Cambogia ha la propria sede centrale AFESIP, che ha sedi locali in Thailandia, Laos e Vietnam. In ogni paese del Sud Est Asiatico stanno cercando di formare del personale locale, creando gruppi di intervento per togliere bambine ai loro sfruttatori, per monitorare i bordelli, per curare e aiutare i piccoli a rientrare nella normale vita quotidiana o per insegnare alle forze di polizia le tecniche di indagine e repressione.

IL PROGETTO

   

 

 

 

 

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AVANZAMENTO LAVORI - GENNAIO 2004

AVANZAMENTO DEI LAVORI - FEBBRAIO 2004

AVANZAMENTO DEI LAVORI - APRILE 2004

 LUGLIO 2004

 IL PROGETTO

Il progetto che stiamo realizzando consiste nella costruzione di un nuovo centro nella città di SIEM REAP, capoluogo della medesima regione. Il terreno su cui deve sorgere si trova nella immediata periferia della città, vicina al mercato della città ma in zona rurale, questo per permettere una migliore raggiungibilità dei servizi della zona (scuola, ospedali…) ma anche per permettere alle ragazze che frequentano il centro minor disturbo nel dedicarsi alle varie attività di formazione che permettano loro di acquisire una professionalità che è alla base del loro reintegro nella società. La casa servirà come centro di recupero delle bambine e delle giovani ragazze trovate nei bordelli della zona dai membri della associazione incaricati di svolgere le attività di indagine e di ricerca.

Il centro si caratterizzerà anche per poter permettere di svolgere una varia tipologia di interventi:

a) contrastare la prostituzione e il traffico dei bambini
b) mappare le zone sconosciute dove si sospetta vi sia un traffico di bambini
c) monitorizzare le zone note per lo sfruttamento dei bambini
d) formare personale che possa intervenire nelle situazioni di emergenza
e) aiutare nella riabilitazione e nel reinserimento le piccole vittime
f) ricongiungere le piccole vittime alle famiglie di origine ove questo fosse possibile
g) curare le malattie trasmesse ai bambini sia con le attività sessuali che per la durezza esistenza vissuta  in precedenza
h) educare le donne che restano nei bordelli alle metodologie ed alle tecniche per evitare la trasmissione di malattie veicolate con rapporti sessuali

La zona di intervento scelta è stata la Cambogia e specialmente la città di Siem Reap, dove ci sono i bellissimi Templi di Angkor, la nuova e più ambita zona turistica dell’Asia, una delle città dove più alto è il numero delle vittime minorenni del traffico e della prostituzione e dove solo recentemente si è sviluppato il turismo proveniente soprattutto dalla Thailandia, un turismo mordi e fuggi che incanta i bambini poverissimi della zona e che li porta nel giro della prostituzione per pochi soldi e con molta facilità. Si tratta quindi di una zona che ha molto bisogno di intervento e che però ha poche forze che attualmente si impegnano su questo tema.
La zona è inoltre importante per il traffico di ragazze da immettere sul mercato della prostituzione non nazionale. I dati della polizia regionale danno per assai ricercate ragazze vergini che vengono rapite e vendute al circuito internazionale.

Il progetto ha un costo complessivo di 120.000 dollari.

Una cifra non alta per le finalità che si pone, ma altissima per le forze di AFESIP, che basa le proprie attività solo sulle donazioni di privati e di enti pubblici.
Lo slogan dell’iniziativa potrebbe essere quello internazionale di ECPAT, e cioè: "DA SCHIAVI A BAMBINI".

I TEMPI DI REALIZZAZIONE

Si stima che i tempi di costruzione dovrebbero essere complessivamente di circa sei-otto mesi.
I lavori potranno cominciare solo dopo l’invio di una prima parte dei soldi raccolti (almeno 30.000 dollari). Si ritiene che nel corso dell’inverno 2002-2003 il centro potrebbe essere inaugurato. Ovviamente il tutto dipende dalla data di invio dei soldi raccolti.

I PARTNERS PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO


Il progetto verrà localmente realizzato da AFESIP Cambodia (Agir pour les femmes en situation précaire) una associazione Franco-Cambogiana che gestisce da anni alcuni centri per il recupero di bambine e ragazze di bordello. La sua giovane Presidente internazionale, Somaly Mam, è stata insignita del premio "Principe delle Asturie per la cooperazione internazionale" nel 1998 ed è anche presidente di ECPAT Cambogia (per chi è interessato ad approfondire può visitare il sito www.afesip.org ). In questi anni Afesip ha reintegrato già 250 ragazze, mentre attualmente nei suoi tre centri attivi in Cambogia ne ospita 120. Direttamente dai bordelli Afesip ha riscattato già 290 ragazze.
Garante della iniziativa e responsabile per la raccolta dei fondi è ECPAT (End Child Prostitution, Pornography and Trafficking), la più importante organizzazione internazionale per la lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini ed il loro traffico (per chi è interessato a maggiori informazioni due sono i siti www.ecpat.it e www.ecpat.org il secondo dei quali è quello della organizzazione internazionale).
Il nostro contatto sarà Marco Scarpati, avvocato e direttore dei programmi di ECPAT.
E' lui che controllerà, assieme a noi, la correttezza del progetto e la sua effettiva realizzazione, anche visitando, durante il periodo di costruzione della casa, il cantiere e le sedi di AFESIP.



HANNO PARLATO DI NOI...
(Clicca sull'immagine per visualizzare l'articolo)

Il Venerdì di Repubblica
7 Gennaio 2005
Avvenire
14 Dicembre 2004
Gazzetta di Modena
14 Dicembre 2004
Gazzetta di Reggio
13 Dicembre 2004
Gazzetta di Modena
9 Dicembre 2004
Famiglia Cristiana
12 Settembre 2004
Carpi Città
Settembre 2004
Notizie
30 Maggio 2004
Avvenire
15 Dicembre 2004

Famiglia Cristiana
9 Settembre 2004

Gazzetta di Modena
6 Maggio 2004
Gazzetta di Modena
6 Maggio 2004

 



BONIFICI

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Giovedì, 23 Giugno 2011 15:19

Centro Medico a Melaboh

REPUBBLICA INDONESIANA


Superficie:
1.904.805 Km²

Abitanti: 227.553.000 (stime 2001)

Densità: 119 ab/Km²

Forma di governo: Repubblica presidenziale
Capitale: Jakarta (8.620.000 ab.)
Altre città: Surabaya 2.255.000 ab., Bandung 1.895.000 ab., Medan 1.800.000 ab., Semarang 1.400.000 ab., Ujung Pandang 950.000 ab., Palembang 900.000 ab.
Gruppi etnici: Malesi 90%, aborigeni 3%, Cinesi 2%
Paesi confinanti: Malaysia a NORD, Timor Est e Papua Nuova Guinea ad EST
Monti principali: Puncak Jaya 5030 m
Fiumi principali: Kapuas 1150 Km, Barito 900 Km, Mahakam 770 Km
Laghi principali: Danau Toba 1264 Km², Danau Towuti 430 Km²
Isole principali: Borneo 539.460 Km² (parte indonesiana, totale 736.000 Km²), Sumatra 420.306 Km², Nuova Guinea 412.781 Km² (parte indonesiana, totale 785.000 Km²), Celebes 172.000 Km², Giava 125.900 Km², Timor 19.526 Km² (parte indonesiana, totale 33.986 Km²), Halmahera 17.998 Km², Ceram 17.150 Km², Flores 14.268 Km², Sumbawa 13.280 Km², Bangka 11.940 Km², Sumba 11.082 Km², Dolak 11.000 Km², Buru 9710 Km²
Clima: Equatoriale
Lingua: Bahasa Indonesia (ufficiale), Giavanese, Inglese
Religione: Musulmana 88%
Moneta: Rupia indonesiana


 CENTRO MEDICO A MELABOH

OSPEDALE A MELABOH IN INDONESIA
Realizzazione di una clinica medica in collaborazione con Ecpat Italia, I Nomadi e Croce Verde di Reggio Emilia. Il centro opererà nei settori della pediatria, ginecologia, dell’ostetricia e della piccola chirurgia di emergenza. Il centro è completato da un gabinetto dentistico ed una farmacia.

PRIMA CLINICA ITALIANA IN INDONESIA
In Indonesia sarà operativa entro il mese di aprile la clinica medica che ROCK NO WAR ha realizzato in collaborazione con Ecpat, Italia, I Nomadi e Croce Verde di Reggio Emilia. La struttura è stata realizzata a Meulaboh, una delle zone maggiormente colpite dallo tsunami del 26 dicembre 2004.
Entro marzo arriverà presso la clinica un container con tutti i mobili e le attrezzature mediche. Nel frattempo è già operativo un centro per le emergenze e una clinica mobile che si occupa di fare prevenzione nei villaggi, nell'orfanatorfio e nelle tendopoli dei rifugiati. La clinica medica di Meulaboh è l'unica opera italiana realizzata nell'area e uno dei pochi progetti terminati nella zona. Il centro di Meulaboh opererà nei settori della pediatria, ginecologia, dell'ostetricia e della piccola chirurgia d'emergenza. Il centro è completato da un gabinetto dentistico e una farmacia.
Al centro faranno riferimento circa un migliaio di famiglie, i bambini dell'orfanatrofio e un migliaio di profughi che hanno perso tutto. La prossima estate alcuni medici italiani andranno sul posto per prestare la loro attività e fare formazione del personale.
Il centro è stato ufficialmente inaugurato nei giorni scorsi da Beppe Carletti leader dei Nomadi.

INAUGURAZIONE

A Melauboh, in Indonesia, è stato inaugurato - da Beppe Carletti dei Nomadi - un Centro Medico realizzato da ROCK NO WAR in collaborazione con ECPAT, i Nomadi e la Croce Verde di Reggio Emilia.
Si tratta di un piccolo ospedale, che rientra nel progetto di ricostruzione post-tsunami, rivolto a bambini di un villaggio alla periferia sud di Meulaboh, interamente distrutto dall'onda anomala, e ai loro genitori (con 6-8 posti letto) con un pronto soccorso e ambulatori pediatrici, ginecologici, medici e dentistici.
Melauboh sorgeva a circa 135 km all'epicentro del terremoto che, il 26 dicembre del 2004, ha causato l’immenso tsunami le cui onde hanno devastato il Sudest asiatico. La cittadina di 40mila abitanti, per la maggior parte pescatori, venne distrutta per circa l'80% e rimase isolata per 3 giorni. Il Centro medico che verrà inaugurato è una delle poche strutture sanitarie presenti nella zona e andrà a coprire il fabbisogno di una comunità numerosa con un pronto soccorso e ambulatori pediatrici, ginecologici, medici e dentistici. È stato realizzato dietro specifica richiesta del PKPA (ECPAT-Indonesia), che conosce perfettamente la situazione sul campo e ha il polso delle reali necessità della popolazione. Sono previsti anche l’acquisto e la messa in servizio di almeno un’ambulanza.

BEPPE CARLETTI IN INDONESIA

Beppe Carletti, storico tastierista dei Nomadi, è appena rientrato da Sumatra, in Indonesia, dove è andato a controllare un centro clinico nel cuore di Meulaboh, zona duramente colpita dallo tsunami del 26 dicembre 2004. La band, da anni impegnata nel sociale, ha finanziato la struttura con l’aiuto di Ecpat Italia, Rock No War e la Croce Verde di Reggio Emilia.
“L’anno scorso, a Marzo, abbiamo fatto un concerto per aiutare le popolazioni colpite dallo tsunami, senza pensare a chi sarebbero stati dati questi soldi – spiega Carletti - Marco Scarpati, presidente di Ecpat Italia, ci ha proposto questo progetto assieme agli amici di Rock No War. Ho la massima fiducia nel lavoro di Marco, ogni progetto realizzato insieme è sempre stato portato a termine nel migliore dei modi. Così, abbiamo realizzato, con l’aiuto di una associazione locale, PKPA, questa clinica che curerà principalmente bambini e donne incinta”.

Carletti ha approfittato di un momento di pausa per andare in Indonesia a vedere come procedevano i lavori. “Mi piace andare a controllare quello che finanziamo, anche per render conto a chi mi da una mano e crede nelle nostre iniziative. Così, siamo andati a Meulaboh, in Indonesia, dove è stato costruito questo centro medico. Devo dire la verità, onestamente non mi aspettavo una cosa così bella, pensavo a una cosa un po’ più spartana. Sono molto contento di aver fatto questa scelta”.

La clinica, appena ultimata, attende soltanto l’attrezzatura per potersi mettere al lavoro. “E’ un centro molto bello, una specie di padiglione al pian terreno con diverse stanze e diverse possibilità.Hanno partecipato a questa spedizione anche Nicoletta Vinsani e Alessandro Mussini, infermieri di Reggio Emilia, che hanno dato indicazioni molto utili per l’allestimento finale. Gabriele Catalini, anche lui presente in questo viaggio e che io non avevo ancora avuto la fortuna di conoscere, con la Croce Verde di Reggio Emilia ultimerà questo centro, portando tutte le attrezzature necessarie. Il centro è molto bello, ma vuoto non serve a molto. L’importante è che diventi presto utile”.
Beppe Carletti ha inoltre visitato la zona a nord ovest di Sumatra, quella duramente colpita dall’onda. “La gente ha lavorato tanto, non è certo rimasta con le mani in mano. Si vede anche che gli aiuti internazionali sono arrivati e sono stati usati. Così la gente è più stimolata a donare se vede che le cose poi vengono davvero realizzate. Non tutti hanno la possibilità di viaggiare, vedere e toccare con mano le cose che stanno facendo, per questo sono contento di esserci stato. Certo, ci vorrà molto tempo per riportare la situazione alla normalità, un territorio così grande invaso dall’acqua crea problemi per diversi anni; ho visto la gente comunque sorridente, che guarda avanti, ed è un sorriso di buona speranza, per loro e per noi che siamo andati a trovarli. Quando siamo stati nei campi profughi ho visto la gente che sorrideva; c’erano soltanto 200 bambini su 500 famiglie, il che è assurdo visto che di solito li hanno una media di tre, quattro bambini a famiglia. Questo ci dice cosa è successo e ci fa riflettere. A prescindere da tutto, ho avuto l’impressione di avere davanti un popolo molto forte. È un popolo attaccato alle loro abitudini e culture, ed è importante che noi, aiutandoli, non ci intromettiamo troppo, che non pretendiamo di insegnargli come vivere, questo sarebbe un errore grave”.

“Sono entusiasta del viaggio, di tutto quello che abbiamo visto, degli amici che mi hanno accompagnato, quelli nuovi come Gabriele Catalini della Croce Verde, una bella scoperta, sono certo che viaggeremo insieme ancora o altri “veterani” come Lorenzo Abbate, amico da quarant’anni, e il grande Marco Scarpati. Una nostra canzone dice più o meno così: “E’ bello tornare, ma è più bello andare”.
“Ogni viaggio che faccio– continua Carletti - è sempre un bagno di umanità, spero di farne ancora tantissimi perché non mi sento ancora “umano” abbastanza. Si arriva a casa, mi cominciano a chiamare per parlare di Sanremo, un altro mi chiama per candidarmi al Senato o alla Camera, e via che, dopo poco, non dico che ti dimentichi, però la tua vita torna in primo piano. Bisogna andare avanti, certo, e anche gli indonesiani, con il loro sorriso sulle labbra, mi hanno insegnato ad andare avanti. Si, proprio un grande insegnamento. Hanno sofferto così tanto e soffrono anche quelli che sorridono, però non te lo fanno vedere, anche i bambini orfani sorridevano e continuavano a giocare, anche loro continuano ad andare avanti, hanno ancora la voglia di vivere, vivere, vivere. Questa è la cosa che più mi ha commosso”.
Sono diverse le emozioni che il tastierista si porta a casa, ma c’è stato un momento, in particolare, che più l’ha colpito.
“Non riesco a dimenticare le fosse comuni.
Ho visto tante tombe in quella zona, ma vedere le fosse comuni mi ha fatto venire un brivido dietro la schiena. La gente va li a pregare, pensando che il suo caro la persona che amava sia li, va li a pregare, e magari li non è. Mi ha fatto rabbrividire pensare a quante persone ci sono la sotto, a guardare quelle poche case rimaste in piedi che sembravano colpite da cannonate, mi sono rimaste dentro.
Ho visto una coppia piangere guardando il mare, mi sono chiesto chissà cosa pensavano, se indicavano il mare come il maligno, il cattivo che ha prodotto tutto questo dolore, oppure se pensavano che è colpa di loro stessi, a volte si sa, le religioni creano il senso di colpa, ti fanno sentire colpevole.
Mi sono commosso ed è difficile, a parole, spiegare queste sensazioni; pensare a quante persone, quante speranze sono state sepolte, quanti bambini dovevano ancora gioire, quanti genitori piangono i loro figli e viceversa. Un mix di tante emozioni e tanto dolore, tutto sepolto li, e non lo puoi tirare fuori. Ogni tanto ripenso a tutte quelle fosse comuni senza neppure un nome degli scomparsi.
Eppure sono importanti tanto quanto chi un nome sulla tomba ce l’ha. Anzi, forse hanno più valore. Bisogna continuare a parlarne, per non dimenticare, farebbe bene un bagno di umiltà e umanità nelle nostre scuole… siamo diventati un po’ superficialotti, oramai 40 morti al sabato sera non ci fanno più effetto.
Una volta, quando moriva una persona, ci colpiva tanto, come quando noi abbiamo cantato ‘Canzone per un’amica’.
Oggi, bisognerebbe fare una canzone ogni due secondi”.

Bonifici Effettuati

Bonifico per la Donazione al Poliambulatorio 03/08/2005

Mercoledì, 22 Giugno 2011 12:05

Scuola di Musica

Mercoledì, 22 Giugno 2011 12:01

Scuola a Normanby Island

PICCOLA SCUOLA A NORMANBY ISLAND
DIOCESI DI KURADA - PAPUA NUOVA GUINEA

Papua Nuova Guinea si trova nell’emisfero australe, leggermente al disotto della linea equatoriale e comprende la parte orientale dell’Isola di Nuova Guinea, a nord dell’Australia.
Copre un territorio di 462.840 kmq e conta una popolazione di circa 5 milioni di abitanti.
Comprende una serie di isole sparse nell’Oceano Pacifico tra cui: l’arcipelago Bismark, le isole Salomone, gli arcipelaghi delle Luisiadi e di Entrecastreaux e le isole Trobriand e Woodlark.
Il territorio, di origine vulcanica, è montuoso, ad eccezione delle strette pianure sulle coste. Purtroppo, negli ultimi decenni è stato oggetto di deforestazione indiscriminata su vasta scala.
La popolazione: è composta per l’84% da Papua e per il 15% da melanesiani.
La lingua: l’Inglese (ufficiale) - il pidgin (dialetto locale derivante dall’inglese) ed oltre 700 lingue locali.
La religione: Protestante: 58,4% - cattolica: 32,8% - anglicana: 5,4%
La capitale: Port Moresby, che conta 200.000 abitanti (1992)
L’economia: mentre più dei due terzi della popolazione vive di pesca e di agricoltura di mera sussistenza,lo 03% della forza lavoro, occupata nelle miniere, produce il 66% delle esportazioni. Le miniere di Porgera a Bougainville, da cui viene estratto anche oro e di OK Tedi sono i giacimenti di rame più estesi al mondo. Negli anni ’91 e ’92 gli agricoltori furono protagonisti di violenti scontri con le forze governative, per manifestare la propria opposizione all’aumento del numero di miniere, con evidenti effetti negativi sulle coltivazioni e sull’ambiente.

PROGETTO pdfProgetto_Papua

 

DONAZIONI E BONIFICI Donazioni PADRE GIANNI GATTEI - 12/02/2007


Gli inizi a WOODLARK e ROOK

Queste due isole dell’Oceania fanno parte delle diecimila sparse su un’estensione pari a un terzo della superficie terrestre.
Woodlark fu avvistata nel 1832 da Grimes, capitano della baleniera “Woodlark”, che diede all’isola il nome della sua nave. Solo quattro anni più tardi arrivarono i primi inglesi, ma a prendere contatto stabile con gli indigeni furono i missionari francesi Maristi.
Lontana dalle rotte marittime e quindi dagli interessi commerciali, rimase a lungo sconosciuta, finchè Carlo Salerio, un missionario milanese amico di Mazzucconi del P.I.M.E., ne indicò con precisione e per la prima volta, il profilo delle coste e dei rilievi dell’entroterra.
L’isola di Rook, seicento leghe a oriente di Woodlark, tra la Nuova Guinea e la Nuova Bretagna, sembra invece essere stata una tra le prime scoperte dagli europei. Infatti, il capitano spagnolo Menez vi sbarcò nel 1537, ma poi fu dimenticata.

Il primo vescovo dell’immensa missione del Pacifico fu Mons. Epalle, che sbarcò a S. Cristobal nelle Salomone il 1° dicembre 1845, con sette padri e sei fratelli Maristi. Undici giorni più tardi, navigando più a nord, raggiunse l’isola Isabel, per farne il centro della missione ed il 16 dello stesso mese, incurante delle sconfortanti notizie sul temperamento di quegli isolani, scese a terra con due padri, un fratello, due marinaied il capitano in seconda.
Tutti disarmati!
Subito, mentre tentavano di prendere contatto con gli indigeni, questi li assalirono uccidendo il vescovo ed il capitano.
I superstiti tornarono a S. Cristobal ma, anche qui la missione non ebbe fortuna.
Nel 1847 uno dei missionari morì di febbre e gli altri furono massacrati dagli indigeni.
Il successore di Mons. Epalle ripetè il tentativo in altre isole, ma l’ostilità di quelle popolazioni, gli stenti e le malattie, costrinsero i missionari maristi ad abbandonare l’impresa.

I Missionari del P.I.M.E. in Papua Nuova Guinea
Nel giugno del 1848 la Congregazione di Propaganda Fide fece indagini per trovare un Istituto che accettasse un’eredità così gravosa. Nessun Ordine accolse la sfida, solo i Missionari del Seminario per le Missioni Estere di Milano, alla ricerca del loro primo campo di lavoro.
La spedizione, composta da 6 giovani missionari con a capo P. Paolo Reina, salpò da Londra il Sabato Santo del 1852 e raggiunse l’isola di Rook nell’ottobre dello stesso anno e l’isola di Woodlark, successivamente.
Ben presto, le difficoltà e le incomprensioni che avevano minato il precedente tentativo dei Maristi si ripresentarono. I missionari erano considerati come una sorta di stregoni a cui si addebitavano le disgrazie dell’isola.
Scriveva P. Reina “..perché se davamo qualche medicina, dicevano che la nostra magia era buona o cattiva
secondo l’effetto che sortiva la stessa, alla quale noi avevamo trasmesso la nostra virtù….”
All’inizio del 1855 tutti gli indigeni avevano disertato la missione di Woodlark. Incominciarono i furti, gli incendi notturni ai raccolti, le minacce e gli insulti.
I missionari, giorno dopo giorno, toccavano con mano il fallimento della loro missione. Così, dopo meno di tre anni, anche i missionari italiani si ritirarono dalle due isole senza alcun risultato visibile: su sette giovani partiti in buona salute dall’Italia, Fratel Corti morì di febbri a Rook, padre Mazzucconi fu ucciso a Woodlark, padre Reina si ammalò gravemente e morì al ritorno, fratel Tacchini “usci di mente” per le fatiche sopportate.
Solamente tre di loro sopravvissero: padre Ambrosoli che rimase a Sydney; padre Rimondi che diventò verscoso di Hong Kong e padre Salerio che tornò in Italia e fondò la Congregazione delle Suore della Riparazione (di Nazareth).

 

Solo dopo una lunga assenza, il P.I.M.E. ritornò in Papua Nuova Guinea nel 1980, stabilendosi nell’isola di Goodenough (diocesi di Alotau) a Bolu Bolu, a Watuluma e a Normanby Island.Nel 1986 il vescovo Mons. D. Moore affidò al P.I.M.E. anche la missione delle isole Trobriand, parrocchia che comprende una sconfinata porzione di oceano e si spinge fino al piccolo arcipelago di Woodlark.
Ancora oggi quest’isola non gode della presenza di un sacerdote e dai tempi di Mazzuconi le cose non sono cambiate di molto. Difficoltà di comunicazione, territori inaccessibili, ostilità e riserve da parte di molti gruppi di indigeni, rimasti isolati dal resto del mondo.
Lo spiritismo alla base di molti culti tradizionali lascia ancora tracce nella coscienza stessa dei convertiti al cristianesimo.



La missione in Oceania, dunque, resta tutt’ora un’incredibile sfida per i missionari, sacerdoti, suore e laici, che vi lavorano.



La missione del P.I.M.E. in Papua Nuova Guinea è gemellata con la città e le parrocchie di Lecco, patria del beato Mazzucconi.

L’Istruzione in Papua Nuova Guinea

Il tasso di analfabetismo in Papua Nuova Guinea si aggira attorno al 72%.
Della popolazione scolarizzata, soltanto il 14% accede all’istruzione secondaria ed il 3% all’Università.



Le strutture scolastiche esistenti sono fatte di materiale proveniente dalla foresta, i banchi non esistono e gli alunni sono costretti a seguire le lezioni seduti per terra, su ghiaia. Nonostante queste condizioni di particolare disagio, è presente sull’isola un grande numero di giovani volonterosi e desiderosi di frequentare la scuola.

Il Progetto
Il progetto prevede la costruzione di un edificio scolastico in muratura composto da:
- 3 aule
- un ufficio (segreteria)
- un ripostiglio

La costruzione (che dovrà essere in cemento armato per difendersi dagli attacchi delle termiti e delle
formiche bianche) sarà affidata alla manodopera locale.


I Beneficiari
L’edificio sarà in grado di ospitare oltre 100 bambini che potranno usufruire di una regolare educazione
primaria.

I Costi
Il costo dell’intero edificio ammonta a Euro 25.000 (L’importo è comprensivo dell’8% di spese di gestione).

Padre Lino Pedercini, del P.I.M.E., responsabile della nuova missione di Normanby Island ed incaricato della realizzazione del progetto, ringrazia tutti coloro che destineranno un loro contributo.

Per richiedere ulteriori informazioni, è possibile contattare l’Ufficio Aiuto Missioni del PIME (tel. 02 438201) e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Per sostenere il progetto, si prega di citare sempre nella causale il numero d’identificazione K 110, tramite:

. c/c postale n. 39208202 intestato a PIMEDIT Onlus Via Mosè Bianchi, 94 – 20148 MILANO

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