Giovedì, 30 Giugno 2011 18:29

Laboratorio a Makeni

PROGETTO MAKENI

La Sierra Leone, ex colonia britannica sulla costa dell'Africa occidentale, si estende su un'area di 71.740 Km² ed è suddivisa in quattro regioni, divise a loro volta in 12 distretti: in tutto 147 comuni, ognuno amministrato da un capo tradizionale e da un consiglio di anziani.
Ha una popolazione stimata nel 2004 di circa 5.200.000 abitanti.
Il paese possiede moltissime risorse naturali come diamanti, oro, bauxite, rutilo, legno pregiato: nonostante ciò la situazione è precaria, l'aspettativa di vita alla nascita non supera i 40 anni e un bambino su 4 non raggiunge i 5 anni di età.

Dal 1991 a fine dicembre 2001 il paese ha conosciuto diversi colpi di Stato e una ininterrotta guerra civile: non si è trattato di una guerra tribale, né religiosa e tanto meno regionale, ma di un conflitto di interessi locali, con grosse interferenze internazionali, legate allo sfruttamento delle risorse naturali.
Le conseguenze più terribili del conflitto sono state l'impiego di bambini soldato, le mutilazioni inflitte a migliaia di civili e le violenze sessuali a carico delle donne di tutte le età.

“Tutte le guerre sono brutte ma questa è particolarmente brutta: atrocità inimmaginabili, violenza dalle radici molto lontane. In Occidente c´è qualcuno che ha le mani implicate in questa guerra, e quindi mani sporche di sangue” - afferma mons. Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni.

Dramma nel dramma sono stati i bambini soldato: più di 4.000 ragazzi portati via forzatamente da casa a 7-8 anni per essere usati come servi dei combattenti. Sistematicamente drogati sono stati avviati alla guerra, forzati a bruciare case, a sparare, uccidere. Bambini diventati vittime della loro stessa violenza, dato che le prime prove di coraggio prevedevano il ritorno nel proprio villaggio e l’uccisione dei propri parenti. In questo modo venivano drasticamente tagliate tutte le possibilità di rientro nella tribù, anche al termine dei conflitti.
Una volta diventati “ribelli” a pieno titolo, procedevano con la mutilazione selvaggia degli abitanti dei villaggi e la cattura di alcune ragazze per il loro piacere sessuale. Bambini che, una volta catturati dalle fazioni avverse, subivano lo stesso trattamento che avevano inflitto alle loro vittime: mutilazione selvagge di arti o riduzione in stato di schiavitù sessuale.
Oggi più di un migliaio di questi bambini sono stati liberati.
Viene precisato che i “bambini soldato” crescono (un bambino che aveva 10 anni nel 1991, oggi ne ha 24), mantenendo le loro difficoltà, le loro mutilazioni, diventando giovani ed adulti drammaticamente segnati dalle esperienze passate e senza un lavoro (ai fini progettuali viene utilizzata la dicitura “ex bambini soldato”).
Dal termine dei conflitti per loro si stanno realizzando strutture di accoglienza e di recupero.
Si stima che solo nel corso degli ultimi tre anni di conflitto (1998 – 2001) siano state barbaramente mutilate circa 8.000 persone , di cui più della metà donne.
Rapporti delle organizzazioni internazionali per i diritti civili parlano di più di 40.000 donne stuprate nel corso dei dieci anni di conflitto. Molte delle sopravvissute sono state costrette ad abbandonare la famiglia e la comunità di origine, data la difficoltà di accettazione da parte dei familiari di quanto era loro successo a causa della tradizione culturale predominante in Sierra Leone: una donna che viene stuprata viene considerata “colpevole” e può essere rinnegata dal marito e dalla famiglia di origine. Numerose donne devono perciò re-inventarsi una attività in modo da potersi mantenere e mantenere i propri figli. In Sierra Leone, come in molti Paesi in Via di Sviluppo, è la donna che tiene le redini della famiglia e la gestisce.

In questo contesto diventa importante cercare di sviluppare il più possibile le attività caratteristiche della tradizione nazionale, come l’agricoltura, l’allevamento di bestiame, le attività artigianali, per favorire il processo di empowerment delle fasce più deboli della società.
Alcune iniziative intraprese sul territorio, gestite soprattutto da religiosi di nazionalità italiana, hanno finanziato piccole attività di microcredito rivolte a persone in difficoltà: in tal modo si sono avviati piccoli posti di ristoro sulla strada principale di Freetown, costruiti con legname di recupero; piccoli allevament i di animali domestici; si sono realizzati locali di ristoro e servizio pasti nelle vicinanze dei villaggi per famiglie con amputati; viene finanziato l’acquisto di sementi per iniziare nuove coltivazioni.

La Fondazione Don Carlo Gnocchi ONLUS – ONG, a seguito di alcune missioni di fattibilità svoltesi nel 2003 e ai colloqui intercorsi con il Vescovo della Diocesi di Makeni Mons. Giorgio Biguzzi (premio per la pace 2002 Regione Lombardia), ha potuto verificare in loco quanto possa essere utile un tale intervento che permetterebbe ad alcune delle persone più sfortunate di Makeni e dei villaggi dei dintorni di riprendere un posto nella società produttiva, partecipando allo sviluppo della comunità.
Nella città di Makeni, nel nord est del paese, nel 1990 era funzionante una attività di piccolo artigianato per la realizzazione di articoli da vendere nel territorio circostante.
L’attività, avviata e sostenuta dalla parrocchia locale di Santa Maria di Fatima, comprendeva laboratori di taglio e cucito, tintura di stoffe, produzione di tegole per rivestimento di tetti, produzione di sapone per bucato e per igiene personale.
Le costruzioni nelle quali venivano condotte le attività sono state quasi completamente distrutte durante il conflitto: attualmente sono rimasti alcuni dei muri perimetrali, costruiti con la tecnica locale tradizionale: impasto di fango con paglia, con l’aggiunta di poco intonaco.

IL PROGETTO
Il progetto della Fondazione Don Gnocchi si propone di facilitare la ripresa di attività artigianali, attraverso la creazione di una cooperativa sociale integrata (Forma societaria con lo scopo di favorire la promozione umana e l’inserimento socio lavorativo di persone svantaggiate), rivolgendosi in particolare agli ex bambini soldato ed alle persone che hanno subito violenza e mutilazioni.

L’intervento progettuale prevede la realizzazione di una cooperativa sociale integrata che comprenderà un laboratorio per la sartoria e tintura di telati e servirà inoltre per sviluppare corsi di formazione nel settore e si prevede lo sviluppo di altre attività artigianali locali. La Cooperativa sarà costituita da ex bambini soldato e da persone disabili, che abbiano intenzione di iniziare una attività artigianale nel distretto di Makeni dopo aver partecipato ad un training per l’apprendimento della professione.
Si prevede di realizzare, in spazi adeguati, una palestra per la riabilitazione fisica, la terapia occupazionale e l’insegnamento delle strategie più idonee per la ripresa della mobilità degli arti lesionati, con interventi di adattamento delle attrezzature dei laboratori, in modo da renderle fruibili a persone che hanno difficoltà di movimento o di manipolazione.
Il progetto è rivolto a trenta persone, alle quali verrà offerta l’opportunità di diventare socie della cooperativa o, se possibile, di impostare un’attività in proprio.

Al termine dell’attività progettuale la cooperativa potrà proseguire in regime di autosostentamento sotto la diretta responsabilità della Caritas della diocesi di Makeni, controparte locale.

OBIETTIVO

L’obiettivo è sostenere la ripresa delle attività artigianali attraverso la realizzazione di una cooperativa sociale integrata che comprenderà alcuni laboratori. La Cooperativa sarà costituita da ex bambini soldato e persone disabili, che abbiano intenzione di iniziare una attività artigianale nel distretto di Makeni dopo aver partecipato ad un training per l’apprendimento della professione.
La durata prevista del progetto è di due anni ed al termine dell’attività progettuale la cooperativa potrà proseguire in regime di auto-sostentamento sotto la diretta responsabilità della Caritas della diocesi di Makeni.

MODALITA' DI INTERVENTO
L’intervento prevede le seguenti fasi, opportunamente coordinate tra di loro:
1. riabilitazione delle strutture esistenti per la creazione dei laboratori;
2. scavo di un pozzo per la fornitura di acqua alla struttura;
3. acquisto di una autovettura per il trasporto dei materiali e persone;
4. individuazione delle persone partecipanti all’iniziativa;
5. individuazione dei docenti/tutor per la fase di training;
6. acquisto delle attrezzature per i laboratori;
7. avvio della formazione/ training;
8. costituzione della forma societaria cooperativa di produzione e lavoro;
9. avvio delle attività produttive e di microcredito di beni per l’inizio delle attività nelle località di prescelte dai partecipanti .

Fase 1. Si prevede la riabilitazione delle strutture esistenti per circa 400 m2, con il recupero degli edifici esistenti prima della guerra, incendiati dai ribelli, in stato di abbandono da circa sette anni. Si prevede la realizzazione di un tetto in struttura metallica con rivestimento, completo di controsoffittatura, di pareti in struttura cementizia, di pavimenti lisci e piani in cemento lisciato, di canale per la raccolta di acque piovane (in modo da evitare l’erosione delle fondamenta), di infissi con fasce di vetro regolabili in inclinazione nel senso orizzontale in modo da consentire il passaggio di aria anche in caso di pioggia, inferriate antintrusione,
zanzariere.
Particolare attenzione verrà posta all’eliminazione delle barriere architettoniche, per consentire l’inserimento delle persone che presentano problemi motori, eventualmente costrette all’uso della carrozzina (nel distretto di Makeni sono circa 130 le persone che hanno subito la mutilazione dei due arti inferiori).
In seguito al completamento della struttura muraria, verranno allestite le aule laboratorio in grado di ospitare convenientemente le persone partecipanti alla formazione, per far loro apprendere l’attività artigianale scelta.
I laboratori avranno a disposizione alcuni tavoli di grandi dimensioni regolati ad un’altezza adeguata per le persone in carrozzina e la strumentazione per poter realizzare gli articoli scelti.
Essendo tutto il nord della Sierra Leone sprovvisto di corrente elettrica, si prevede di dotare i laboratori di un generatore di corrente da circa 50 kw, per il funzionamento dei macchinari necessari alla realizzazione degli articoli artigianali e per l’illuminazione.
In alcuni casi di persone disabili con amputazione di dita o delle mani, si prevedono degli interventi di terapia occupazionale per l’adattamento della macchina o dell’utensile alle possibilità motorie residue.

Fase 2. Si prevede la realizzazione di un pozzo per l’acqua completo di pompa di aspirazione manuale ed elettrica, data l’inesistenza di un acquedotto distributivo in buona parte del distretto.
Fase 3. Si ritiene utile fornire il laboratorio di un mezzo di trasporto idoneo al trasferimento di persone e materiali all’interno della città di Makeni e all’interno del distretto, fino a raggiungere la capitale, Freetown, distante circa centoquaranta miglia. Raggiungere Freetown permette da un lato di trasportare in città gli articoli che sono stati realizzati, e quindi di distribuirli in opportune attività commerciali, e dall’altro di trasportare a Makeni le materie prime .
Fase 4. L’individuazione delle persone partecipanti al progetto sarà effettuata in accordo con la Caritas della Diocesi di Makeni, tenendo presente la motivazione della persona, il tipo di disabilità, il luogo di residenza, lo stato di bisogno familiare.
Fase 5. Anche i docenti/tutor saranno selezionati assieme alla Caritas della Diocesi di Makeni e dovranno essere in grado di svolgere sia lezioni frontali che fungere da tutor.
Fase 6. Acquisto dei macchinari necessari per l’inizio delle attività artigianali.
Fase 7. La formazione/training avrà una durata di 600 ore, alternando lezioni teoriche con lezioni pratiche.
Fase 8. Costituzione di una forma societaria (identificata con la denominazione italiana “cooperativa sociale integrata”) per le persone partecipanti al corso.
In questa fase verrà posta particolare attenzione alla preparazione del management per la gestione della cooperativa.

Fase 9. L’avvio delle attività artigianali corrisponde anche all’inizio dell’attività di microcredito di beni, mettendo a disposizione per ogni persona che voglia rientrare nel proprio villaggio distante da Makeni, un kit di sartoria (macchina per cucire, telati, minuterie, un piccolo generatore di corrente, ecc.) che permetta di iniziare l’attività imparata presso la propria residenza. Tale opportunità sarà riservata alle persone che dimostreranno di avere capacità di una gestione “in proprio” del lavoro, in modo da favorire il rientro nei villaggi lontani. Il microcredito sarà gestito direttamente dalla cooperativa, sotto la diretta supervisione della Caritas della Diocesi di Makeni.
I docenti/tutor saranno impegnati in questa fase in affiancamento alle persone per l’avviamento delle attività.

UTENZA

Ex bambini soldato e persone con disabilità del distretto di Makeni.
L’intervento supporterà le persone partecipanti nella ripresa di una attività redditizia sostenendole nell’affrancamento da una situazione familiare difficile.
Inoltre a ciascuna delle persone partecipanti al progetto sarà garantito il pranzo per tutto il periodo della formazione e nella fase di start-up.

PERSONALE COINVOLTO
1. Capoprogetto (locale)
2. Amministrativo (locale)
3. Responsabile della cooperativa (locale)
4. 3 insegnanti di attività artigianali (locali)
5. Tecnico della riabilitazione (espatriato)
6. Esperto gestionale (espatriato)

TEMPI DI REALIZZAZIONE E COSTI

Si prevede di realizzare il progetto nel corso di ventiquattro mesi, dei quali circa 12 serviranno per la ristrutturazione degli ambienti laboratorio ed i successivi 12 per l’adeguamento dei macchinari, l’insegnamento delle attività artigianali, la costituzione della forma societaria.
Il costo stimato per l'intero progetto è di 150.000 / 200.000 Euro

Nell’ambito della formazione professionale e integrazione lavorativa per disabili, la Fondazione Don Carlo Gnocchi ONLUS propone, da più di 30 anni, percorsi formativi nell’ambito della grande distribuzione, ristorazione collettiva, artigianato, informatica e manutenzione del verde che hanno la finalità di favorire il raggiungimento di una professionalità mirata alle capacità e alle potenzialità individuali dei corsisti ed il conseguente inserimento nel mondo lavorativo.
La Fondazione Don Gnocchi ONLUS partecipa dal 1986 alle iniziative a favore dei disabili promosse dall’Unione Europea e dal 2001 opera come Organizzazione Non Governativa per la realizzazione di programmi a breve e medio periodo e per attività di formazione in loco di cittadini nei Paesi in via di sviluppo.
Il Progetto Makeni si inserisce a pieno titolo nel programma di sviluppo che la Fondazione Don Carlo Gnocchi ONLUS – ONG ha in corso nella Sierra Leone, dove sta già gestendo:

1. Promozione Donna, nel distretto di Makeni, per la realizzazione di una scuola di taglio e cucito rivolta a venti donne di cui dieci disabili.
2. Realizzazione di un centro per la chirurgia ricostruttiva di amputazioni e gravi deformità post-traumatiche degli arti e la loro riabilitazione funzionale. Lo scopo del progetto è costruire un ospedale completo di sala operatoria ortopedica di altissima tecnologia per effettuare operazioni che restituiscano la possibilità di presa ad arti che sono stati barbaramente mutilati. Gli interventi chirurgici permetteranno, alle persone mutilate, di utilizzare ancora una “pinza” superiore, cioè di poter afferrare e lasciare degli oggetti, ed è un mezzo per aumentare la qualità di vita della popolazione amputata (“pinza superiore” = due segmenti corporei che possono avvicinarsi ed allontanarsi per afferrare oggetti e rilasciarli. I segmenti corporei possono essere delle dita, i segmenti metacarpali oppure radio ed ulna).

I due progetti sono perfettamente integrati tra loro dato che dopo l’intervento chirurgico una persona deve sottostare ad alcune sedute di riabilitazione per re-imparare l’uso di strategie di afferramento.
Il lavoro in un laboratorio “protetto” sarà un’ottima palestra riabilitativa motivante. 


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Articolo del 27/05/2006

Articolo del 27/06/2006

 

BONIFICI EFFETTUATI:

Bonifico 14/11/2006

Bonifico 23/11/2006

Bonifico 27/12/2007

Bonifico 31/12/2007

COOPERATIVE      Makeni0706 025
     
P1010018   P1010025

Questa proposta di progetto nasce da un'iniziativa privata di sostegno ad un programma sanitario in via di realizzazione nel sud della Sierra Leone.
Promotore di tale iniziativa è Filiberto Gabresi, un amico da alcuni anni impegnato in Sierra Leone in attività umanitarie a favore di bambini appartenenti a gruppi vulnerabili (ex-bambini soldato, bambini vittime di abusi sessuali, bambini separati dalle famiglie).

Obiettivo:
Obiettivo di questa iniziativa è l'acquisto, la preparazione e l'attivazione di un veicolo destinato ad essere usato come ambulanza/clinica mobile in aree rurali e semirurali del sud della Sierra Leone.

Contesto:
La Sierra Leone, piccolo paese dell'Africa Occidentale, classificato come l'ultimo Paese del mondo per Indice di Sviluppo Umano, sembra uscire ora da una guerra civile durata dieci anni che ha portato enormi distruzioni sociali ed infrastrutturali. La desolante carenza infrastrutturale di centri medico-sanitari, i movimenti di popolazione caratteristici dei paesi in guerra, sono fra i fattori che hanno limitato enormemente l'accesso alla salute delle popolazioni rurali e semirurali, fra le quali si registrano i più alti tassi di mortalità materno-infantile al mondo.
Per anni, nel periodo dell'emergenza umanitaria, gli interventi medico sanitari sono stati affidati alle agenzie ed organizzazioni non governative internazionali, che hanno rappresentato un fondamentale sostegno ai programmi governativi.
Nella fase attuale, si assiste ad un progressivi ritiro delle organizzazioni non governative internazionali, nell'ottica di una progressiva, lenta ripresa di responsabilità da parte delle strutture governative competenti.
Alla luce di quanto esposto, sembra particolarmente importante favorire anche l'emergere di iniziative private no-profit agili e libere, in particolare capaci di rispondere efficacemente ai bisogni di salute e sviluppo della gente sierraleonese.

In questo contesto si colloca un programma sanitario privato ad impronta umanitaria, del quale questo progetto vuole essere complemento.Tale programma è nato dall'iniziativa di un medico sierraleonese, è finanziato da donazioni private internazionali e prevede due fasi principali: la costruzione di un ospedale (attualmente in fase di ultimazione) e sua attivazione, e l'attuazione di un programma di diagnosi, cura e prevenzione sul territorio.
L'area del progetto è il distretto di Bo, nella provincia meridionale della Sierra Leone, un'area di circa 600.000 abitanti per lo più distribuiti in area rurale.
Il presente progetto si propone di facilitare il raggiungimento delle popolazioni dei villaggi più remoti, e di favorirne l'accesso a servizi medici di primo, secondo e terzo livello secondo la necessità.

Realizzazione dell'intervento:

1) Acquisto di un veicolo 4x4 (Iveco Daily o Toyota Land Cruiser HZJ 78)
2) Preparazione del veicolo
3) Spedizione del veicolo
4) Attivazione e gestione del servizio

La ricerca del veicolo 4x4 con caratteristiche adatte al tipo di terreno è fondamentale. La rete stradale in Sierra Leone è costituita da due strade asfaltate principali che collegano la capitale con il nord e il sud. Il resto della rete è costituito da piste e sterrati che collegano i piccoli villaggi con i grossi centri difficili da raggiungere, specialmente durante la stagione delle piogge (da maggio ad ottobre). I veicoli sopra elencati risultano al momento i più adatti all'uso in questione.

La preparazione richiede un equipaggiamento di base che consiste principalmente in lettini, cassettiere, erogatore di ossigeno, generatore di corrente e compressore ovviamente sistemati in modo da resistere alle grandi sollecitazioni.
I materiali medici verranno forniti dall'ospedale di riferimento secondo il bisogno.

La spedizione deve avvenire in container per garantire l'integrità del veicolo e delle attrezzature.

L'attivazione e gestione del servizio verranno effettuate in coordinamento con l'ospedale di riferimento. Le attività comprenderanno funzioni direttamente collegate alle attività interne dell'ospedale (trasporto/trasferimento di pazienti ) e servizi clinici da svolgersi sul territorio, particolarmente in aree remote, ad opera di personale dell'ospedale. Il significato della ambulanza diventa perciò non solo il trasporto di pazienti, ma l'erogazione vera e propria di prestazioni mediche di primo livello in aree dove mancano le strutture sanitarie di base, incluse attività di prevenzione ed educazione sanitaria. Tutto ciò allo scopo di aumentare l'accesso ai servizi di medicina da parte di popolazioni lontane dall'ospedale o residenti in aree prive di strutture sanitarie adeguate ai bisogni.

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